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IN PUGLIA LE TRACCE DEL PRIMO UOMO EUROPEO

 

ROMA - Il primo uomo europeo viveva in Puglia un milione e cinquecento anni fa e da qui si è diffuso nel resto dell'Europa: le prove vengono da una serie di manufatti litici in selce fra cui 15 schegge ritrovate in una cava ad Apricena in provincia di Foggia.

La scoperta si deve a un gruppo di ricerca delle università di Roma La Sapienza, di Torino, Firenze e Ferrara che ne ha dato l'annuncio durante il Congresso dell'Unione Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche di Lisbona.

Gli oggetti ritrovati consistono in "nuclei di selce, le pietre con sui si lavoravano le altre pietre per farle diventare utensili, e schegge probabilmente utilizzate per il trattamento delle carcasse animali" ha osservato Carmelo Petronio fra i ricercatori del gruppo e docente di paleontologia dei vertebrati all'università La Sapienza. Questa scoperta, ha proseguito, consente di testimoniare come "l'uomo si fosse già diffuso in Europa in un intervallo temporale prossimo a 1,7 milioni di anni fa e come fosse già in possesso di un comportamento tecnologico complesso perché era in grado di costruire oggetti".

Secondo i ricercatori, la scoperta della presenza dell'uomo in questa epoca nel cuore del bacino mediterraneo "riapre il dibattito sulle origini del popolamento di tutta l'Europa, avvalorando l'ipotesi di una migrazione da est, attraverso il cosiddetto Corridoio Levantino, e non dall'Africa nord-occidentale come suggerirebbero i fossili spagnoli, finora considerati i più antichi" i fossili ritrovati nel sud della Spagna, appartengono all'Homo cosiddetto antecessor, sono di apparente derivazione nordafricana e appartengono a un periodo compreso fra gli 800.000 e un milione di anni fa. Secondo Petronio si fa un po' più di luce sulle rotta dei primi uomini che lasciarono il continente africano "l'homo ergaster si diresse in Asia dove continuò ad evolversi diventando homo erectus un gruppo però, prima dell'evoluzione si spinse verso il Caucaso e da qui probabilmente continuò a migrare fino a raggiungere l'Italia meridionale". L'ipotesi di una migrazione dall'Asia, ha osservato Petronio "deriva dal ritrovamento, nel Caucaso meridionale, in Georgia, di ossa umane appartenenti all'homo antecessor e di manufatti tutti databili intorno a un milione e ottocentomila anni fa.

 

Gli oggetti sono molto simili nella lavorazione a quelli ritrovati in Puglia". La datazione degli oggetti scoperti in Puglia deriva dal fatto che, nello stesso luogo sono stati ritrovati anche resti di oltre cento animali fra cui 45 mammiferi come tigri dai denti a sciabola, mammuthus, già datati a un milione e cinquecento anni fa. "Si tratta dei più antichi ritrovamenti italiani ha continuato Petronio prima era stato rinvenuto soltanto un osso cranico appartenente al cosiddetto uomo di Ceprano vissuto circa 700.000-800.000 anni fa". Una prima descrizione dei ritrovamenti sarà pubblicare sulla rivista tedesca Naturwissenschaften e sull'edizione italiana del National Geographic per "ulteriori conclusioni ha rilevato Petrolio bisogna continuare il lavoro di scavo per far venire alla luce i resti del primo uomo europeo".

http://giuseppe-resta.splinder.com/

I briganti in convegno a Rocca Grimalda

Sabato 23 e domenica 24 settembre si svolgerà il 10º convegno internazionale curato dal Laboratorio etno - antropologico rocchese.
Argomento di quest'anno "le culture dei briganti. Mito ed immaginario del bandito sociale dal Medio Evo ad oggi". Sede del convegno la sala nobile del castello. La figura del brigante popolare, il brigante gentiluomo, è entrata a pieno titolo nella mitologia delle classi popolari di ogni paese, compresa naturalmente Rocca, come quella di un vendicatore dei torti e delle ruberie subite dalla popolazione inerme ed indifesa.
E non a caso proprio a Rocca è nata la "Lachera" come movimento che si oppone allo "jus primae noctis" del feudatario.
Da Robin Hood dunque a Corrientes, da Razin al "Passator cortese", le imprese del brigante sono entrate nella leggenda ed hanno offerto materia a romanzi, novelle, drammi popolari, canzoni dei cantastorie, teatro d'animazione e di piazza. Partendo quindi da questa tesi, il convegno rocchese di settembre apre un confronto sul tema, recuperando e valorizzando il repertorio popolare su brigantaggio e banditismo sociale. Il tutto con contributi e ricerche di tipo interdisciplinare, che scavino in più direzioni nei territori della memoria e della tradizione popolare. E proprio il 2006 è l'anno in cui cade il secondo centenario della morte di Mayno della Spinetta, il celebre brigante antinapoleonico, protagonista di tante opere letterarie popolari.
Tra le iniziative collaterali al convegno, sabato 23, alle ore 18 in piazza della chiesa, spettacolo cantastorie del Teatro del Rimbalzo "Storia di Mayno della Spinetta (re di Marengo imperator de la Fraschetta), con Ombretta Zaglio e Marcella Pischedda.
Al Museo della maschera, mostra documentaria su "Mayno della Spinetta nei cartelli "avvisini" di Peppino Sarina".
Nelle sale di Palazzo Borgatta, sede del Municipio, per gl insegnati iscritti al corso di aggiornamento, libri e materiali didattici sul tema "Briganti, banditi, ribelli sociali", a cura di Milo Julini. In un'apposita sala multimediale, si potrà visionare il documentario scientifico sul brigantaggio femminile, realizzato da Scafoglio, De Luna, Musilli, Di Nuzzo e Caserta. Si potrà anche ascoltare la compilation musicale "Banditi e ribelli nella musica popolare e nelle canzoni d'autore", a cura di M. Zoppi e A. Lega. (E. S)

Un fitto carnet in onore del brigante

 

I pravos homines, anarchici od organizzati (e allora ecco i "bravi" del Rodrigo manzoniano, che tante ampollose gride spagnolesche provano a debellare, ma invano: ecco il Griso, il Nibbio, e altri paurosi compari) si danno appuntamento a Rocca Grimalda, nei giorni 23-24 settembre 2006.
Non saranno soli: dalla storia, dalla letteratura, dal teatro, dalle pellicole molti altri sgherri, ladroni e tagliagole terranno loro compagnia. Pochi i ladri veramente gentiluomini (alla Robin Hood o alla Lupin), molti i poveretti affamati spinti dalla fame alla professione. E, in mezzo, udite udite, anche qualche donna.
Per due giorni, sulle colline, sull'Orba, un ricetto di ogni malvagità. Che darà l'assalto al castello.
O forse no: perché bandito, ribelle, brigante è spesso l'epiteto con cui l'autorità costituita o, se preferite, il potere chiama l'oppositore, il non omologato. L'anarchico.
Per chi va controcorrente nulla di più facile. Ecco allora i partigiani verso cui si grida achtung, banditen, o gli insorgenti antifrancesi e anti repubblicani del 1799 equiparati ai più biechi malfattori.
In entrambi i casi solo gente che aveva (giustamente) in odio lo straniero.
Ma il paese di Santa Limbania (e anche del giovane regista, attore e autore teatrale Fausto Paravidino) in occasione dei seminari del convegno internazionale del Laboratorio Etno-Antropologico, che saranno allestiti presso il salone nobile dell'antico maniero, non solo dà solo (metaforicamente) appuntamento ai "bravi/cattivi", ma anche a ricercatori, studiosi, insegnanti (le lezioni avranno valore di corso di aggiornamento) e semplici curiosi che vogliano approfondire Le culture dei briganti, e insieme, il mito e l'immaginario del bandito sociale dal medio evo a oggi.
I lavori inizieranno alle ore 9.30 di sabato 23 settembre e proseguiranno, per quattro sessioni, anche nella giornata di domenica, coinvolgendo docenti universitari, esperti e ricercatori locali (le lezioni del pomeriggio dalle 14.30) che prenderanno in esame una figura di straordinaria fortuna tra arte e cinema, tra letteratura e storia.
Tra le iniziative collaterali segnaliamo lo spettacolo (sabato 23, ore 18. piazza della Chiesa) del Teatro del Rimbalzo che metterà in scena la Storia di Mayno della Spinetta (Re di Marengo, Imperator de la Fraschetta) con Ombretta Zaglio e Marcella Pischedda, mentre nel Museo della Maschera e nelle sale di Palazzo Borgatta due mostre saranno dedicate ai Cartelli - avvisini di Peppino Sarina per il Mayno, e una collezione di libri e materiali didattici sul tema Briganti, banditi ribelli sociali.
Info: presso la Segreteria tel.334-1224453 /0143-873552 - e-mail: etnorocca@libero.it

Nel segno della interdisciplinarità

Però, per entrare meglio nel clima della manifestazione, non c'è di meglio che lasciare la parola ad un testo inviatoci da Franco Castelli che orienta già, complessivamente, la due giorni di Rocca.
Apriamo, allora, le virgolette:
"La figura del brigante popolare, il brigante gentiluomo, è entrata a pieno titolo nella mitologia delle classi popolari di ogni paese, come quella di un vendicatore dei torti e delle ruberie subite dalla popolazione inerme.
Dal capostipite mitico Robin Hood alle sue diverse incarnazioni storiche come Diego Corrientes (Spagna), Stenka Razin (Russia), Mandrin (Francia) o il "Passator cortese" (Italia), le sue imprese sono subito entrate nella leggenda e hanno dato materia a un immaginario ricco e variegato, costante nei suoi tratti essenziali, nonché ad una rigogliosa produzione di romanzi, novelle, drammi popolari, canzoni da cantastorie, copioni del teatro d'animazione ecc.
Partendo dalle note tesi di Eric J. Hobsbawm [ cfr. I banditi. Il banditismo sociale nell'età moderna, Torino, 1971; ma ricordiamo che questo storico è assurto a fama mondiale successivamente, dopo il 1989, coniando la denominazione di "secolo breve" per il Novecento], peraltro sottoposte ad una puntuale revisione critica, l'XI Convegno internazionale del Laboratorio Etno-Antropologico di Rocca Grimalda intende aprire un confronto su brigantaggio e banditismo sociale, con contributi e ricerche di tipo interdisciplinare, che scavino in più direzioni nei territori della memoria e della tradizione popolare, segnate irrimediabilmente (in questo caso più che altrove) dal diseguale rapporto dominatori - dominati.
Si tratterà insomma di porre la figura del brigante nella posizione di spia delle culture che lo hanno "parlato" e manipolato, come personaggio storico e oggetto mitico.
Non nel segno dell'autorità di una prova, ma nell'assunzione di indizi che possano, attraverso le molteplici pieghe della cultura, verificare i messaggi cifrati provenienti, sotto un'apparente, rassicurante ovvietà, dal mito del brigante.

Sulla traccia degli anniversari

Il 2006 è l'anno in cui cade il secondo centenario della morte di Mayno della Spinetta, il brigante antinapoleonico alessandrino, ma anche di un altro celebre personaggio come Fra Diavolo, protagonisti entrambi di tante opere letterarie popolari: due figure leggendarie quanto mai paradigmatiche, il cui anniversario stimola un lavoro critico sulle fonti e sulle funzioni dei miti briganteschi d'ogni tempo e paese, indicando come piste di ricerca generali, sia la ricezione/trasmissione della leggenda banditesca nella tradizione orale, ma anche il suo utilizzo in contesti espressivi e rappresentativi diversi, dal feuilleton alla pittura romantica, dal romanzo storico alla poesia, dalle ballate da cantastorie al teatro dei burattini, dal cinema alla canzone d'autore contemporanea". (a cura di G.Sa)


 

Scoperto a Cutrofiano l'impianto di una fornace

che potrebbe risalire ad un periodo tra il I e il V secolo a.C.

Una fornace per la cottura dei manufatti in ceramica, di età romana imperiale, databile fra il I e il V secolo a.C., è stata individuata giorni fa a Cutrofiano, nel Basso Salento in località "Scacciato", ad ovest dell'abitato. La scoperta è avvenuta durante i lavori di sterramento per la costruzione di un'abitazione.
La fornace era scavata nella roccia tufacea, a circa cinque metri di profondità affinché il calore, che poteva raggiungere temperature intorno ai 900-950 gradi non si disperdesse.
Una scaletta in pietra, ricavata sempre nella roccia, doveva essere presente per l'accesso alla camera di combustione sottostante. La presenza della scala è confermata dai ricordi personali dei contadini del posto che l'avevano notata durante i lavori agricoli.
L'antica fornace romana, ritrovata in questi giorni, è l'unica del tipo di cui si abbia testimonianza nel Salento; fra l'altro da confrontare con alcune fornaci di età moderna, presenti a Cutrofiano, centro noto anche oggi per la produzione di ceramica-artigianale ed artistica. La struttura era costituita da due camere: l'inferiore di combustione in cui il fuoco veniva acceso per circa 12 ore; mentre nella camera superiore venivano collocati gli oggetti sottoposti alla cottura.
Ora le due "camere" sono perfettamente visibili. Il caricamento del materiale da cuocere doveva avvenire certamente dalla parte superiore, a livello della campagna.
La fornace doveva servire prevalentemente per la cottura dei coppi o tegole, utilizzando l'argilla locale presente nel sottosuolo. Proprio il ritrovamento di numerosi frammenti di queste tegole ha permesso anche la datazione, che può oscillare, in attesa di indagini più approfondite, dal I al V secolo d.C., cioè da 1900 a 1400 anni fa.
La località di "Scacciato" a Cutrofiano, è un sito di epoca romana già conosciuto dagli studiosi ed ha la caratteristica di non essere stato più frequentato dall'età romana in poi. Studi al riguardo, insieme al vicino sito di "Badia", sono stati condotti alcuni anni fa da Valeria Melissano, archeologa dell'università di Lecce e collaboratrice del professor Francesco D'Andria.
La fornace in un certo momento, forse nell'alto medioevo, fu abbandonata e colmata con scarti e frammenti di tegole e laterizi che si possono scorgere nella sezione ora portata alla luce.
Le indagini archeologiche, così come il recupero, sono condotte direttamente dall'Ufficio di Lecce della Soprintendenza archeologica diretto da Giampaolo Ciongoli. Collabora con Ciongoli l'archeologo Francesco Esposito, presente anche, anni fa, negli scavi di piazzetta Castromediano a Lecce.
«Si tratta di una fornace; tutti gli elementi che abbiamo ci portano a datarla all'età romana-imperiale" - dice Ciongoli - conservata per buona metà, con tutti gli elementi strutturali ben riconoscibili. Una serie di reperti ci indicano che era dedicata principalmente alla fabbricazione di coppi. Ci ripromettiamo di salvaguardarla prima di tutto, per poi cercare l'accordo con la proprietà e col Comune per renderla fruibile agli interessati».
«Pur non esistendo l'attuale abitato di Cutrofiano, oggi noto per la produzione ceramica - dice Salvatore Matteo, direttore del Museo della Ceramica - questo ritrovamento dimostra, come nel sito di Badia, l'utilizzo di argilla locale, già in questi abitati di epoca romana».
Una tradizione che si radicherà nel territorio, sì da riscontrarla anche oggi con la presenza di numerose aziende artigianali, ma soprattutto di singoli artisti-artigiani, che non hanno frequentato scuole (che oggi sarebbero necessarie), ma che creano i loro modelli su esempi famigliari provenienti da una cultura molto antica.

Fonte: Nuovo Quotidiano


 

Salento: scheletro di 2.300 anni fa

Per antropologi apparterrebbe a uomo, di 40-60 anni, ucciso

 

(ANSA) - LECCE, 19 DIC. 2004 - Trovato lo scheletro di un uomo di età compresa tra 40 e 60 anni, ucciso circa 2.300 anni fa a Ugento dentro le mura messapiche.

Lo scheletro appartiene a un uomo alto m. 1,58: appare disposto allungato, con il cranio in direzione Nord-Ovest e con la mano destra portata alla spalla destra e l'avambraccio sinistro piegato sotto le costole. Sebbene dagli esami antropologici non siano emerse ferite evidenti, gli esperti ritengono che l'uomo sia stato ucciso.

 

http://notizie.msn.it/msn/notizie/topnews/2004-12-19_3542821.html


 

UNA NUOVA MAPPA ANTICA ?

Pierre Louise Malosse ha annunciato la scoperta da parte del suo collega dell’Università di Montpellier Thierry van Compernolle di un ostrakon recante quella che sembra essere un’antica mappa della penisola Salentina  (sud dell’Italia),  databile probabilmente al V secolo a.C. L’immagine non è mai stata pubblicata, e non sono attualmente disponibili fotografie.

Per i giorni 10-12 marzo 2005 è stato organizzato presso l’Università di Montpellier un simposio internazionale per aprire il dibattito sul prezioso reperto, ribattezzato Mappa di Soleto – simposio  dal titolo “La Mappa di Soleto, un mutamento nella cultura dell’antico Mediterraneo”). Il programma del simposio è disponibile in formato Adobe Acrobat PDF al sito:

http://alor.univ-montp3.fr/cercam/rubrique98.html

Qui sotto, la traduzione italiana dell’originale comunicazione francese.

Mappa di Soleto

L’oggetto, scoperto il 21 agosto del 2003 a Soleto (provincia di Lecce), nel corso di scavi archeologici condotti per conto del CERCAM (Università di Paul Valàry), da Thierry Van Compernolle, è un ostrakon, ovvero un frammento di un vaso, in questo caso, un vaso attico smaltato di nero, sul quale è incisa la linea costiera della penisola salentina come anche tredici toponimi le cui posizioni sono indicati da punti. La “Mappa di Soleto” è, al momento, la più antica mappa geografica dall’antichità classica mai scoperta. Essa richiede di fatto una nuova valutazione non solo degli inizi dell’antica cartografia, ma anche della storia regionale, in particolare quella delle relazioni tra gli Iapigi Messapiani ed i Greci. In effetti, due toponimi greci appaiono insieme con undici toponimi indigeni, come anche altri cinque precedentemente sconosciuti. La mappa testimonia così la profondità dell’interazione tra queste culture nel V secolo prima della nostra era, ed offre, al momento, per il Mediterraneo, e più generalmente per le civiltà Occidentali, la più antica mappa di una regione reale.

L’interpretazione di questo documento nel suo contesto archeologico, storico, geografico, linguistico, artistico, filosofico e letterario richiede il ricorso a molteplici discipline. Pertanto, abbiamo scelto di preparare una pubblicazione collettiva, i cui redattori si riuniranno a Montpellier per presentare e discutere i contributi delle loro discipline individuali. L’argomento delle presentazioni e la struttura del colloquio è stata stabilita dal Comitato Organizzatori e dal Comitato Scientifico del convegno. La ricchezza dei campi di indagine aperta da questo documento riunisce gli interessi di ricerca dei due team componenti del CERCAM:

-   SEMA (Seminario di Studi della Mentalità Antica), che porta avanti indagini nel campo della storia della rappresentazione, cerca materiali riflessi nell’immagine cartografica come il significato e la funzione dei toponimi, e così continua il suo impegno nell’organizzazione di conferenze interdisciplinari (più recentemente; Le Armi nell’Antichità, dalla Tecnologia all’Immaginazioni, Marzo 2003).

-   GITA (Gruppo Interdisciplinare sul Teatro Antico) è, per la sua parte, direttamente responsabile della collocazione del documento epigrafico nel contesto di una gamma di fonti letterarie tra le quali il teatro, comico e tragico, occupa un ruolo essenziale.

Il convegno vorrebbe riuscire ad assicurare la migliore pubblicazione possibile di un documento epigrafico assolutamente unico, che porterà a riconsiderare le origini dell’antica cartografia e della rappresentazione del mondo, e a rivalutare la profondità delle relazioni culturali tra i popoli del Mediterraneo, una reciprocità che non è sempre percepita in misura adeguata, per via della prevalenza incontrastata (e di conseguenza della maggiore attenzione da parte del mondo accademico) della tradizione letteraria greco-romana.

Per il programma completo del Convegno vai su:

http://alor.univ-montp3.fr/cercam/article296.html (in lingua francese)

Fonte: www.laportadeltempo.com del 25 ottobre 2004 

 http://www.laportadeltempo.com/Italia/ita_251004.htm

 


 

Comunicato stampa del 1 ottobre 2004

1° ottobre 1404 – 1° ottobre 2004

 Il 1° ottobre 2004 ricorre il seicentenario della morte di Pietro Tomacelli, salito al soglio pontificio col nome di Bonifacio IX, che, nelle more di una conferma, ci piace citare come nato a Casarano.

Ci si sarebbe aspettati, non diciamo una ricorrenza in pompa magna, ma almeno un ricordo da parte dell’Amministrazione Comunale dell’evento.

Né tantomeno, questa Amministrazione può dire di esserne all’oscuro, in quanto da più di un anno si cita questa data (persino sul periodico del partito del Sindaco).

Non da ultimo, nell’ultimo mese, è stata avvisata l’Amministrazione in carica della voglia da parte nostra di organizzare, e lo stavamo facendo con l’aiuto dell’Associazione Commercianti, una qualche manifestazione in memoria, ma di risposte, come al solito, non ne sono venute. Si può ben dire che, forse, questa gestione del potere locale, passerà alla storia per i suoi silenzi, piuttosto che per quello che ha lasciato sul territorio.

D’altra parte, in tutti questi anni, abbiamo ben capito cosa significhi il termine “gestione della cultura” a Casarano.

Abbiamo chiaramente capito la volontà di far rimanere basso il livello con spettacolini, che di rivalutazione locale hanno ben poco, ma fanno sì di portare avanti alcune figure amministrative che certamente non hanno alcun interesse a far ricadere sul territorio rappresentato, le loro posizioni acquisite.

Quindi, mentre in altri luoghi si parla di città sostenibili, qui a Casarano si parla di sostenibilità di questa assurda situazione.

Il pensare che in qualunque parte del mondo, dopo uno sfregio alla storia locale, l’incaricato alla gestione della cultura non solo avrebbe indagato sul fatto e comunicato prontamente alle autorità competenti quanto avvenuto (cosa compiuta a 24 ore dall’evento), ma come minimo avrebbe offerto alla cittadinanza il ritiro della sue mansioni. Qui, invece, in questo paese dove tutto è relativo, lo stesso gestore cerca di sottacere e minimizzare l’accaduto, come se fosse un fatto di ordinaria amministrazione.

Stante così la situazione, e considerando la poca attuale volontà a costituire una commissione comunale del settore

chiediamo

 ufficialmente al Sindaco in carica dott. Remigio Venuti il ritiro della delega alla cultura a chi attualmente incaricato per essere offerta a persona certamente più valida ed interessata al territorio, alla sua emancipazione ed alla compartecipazione della gestione della cultura locale stessa.

Per quanto ci riguarda ci limiteremo a “ricordare” l’evento della morte di Pietro Tomacelli, il primo di ottobre alle ore 19,00, con una messa a suffragio nella chiesa Matrice, riservandoci di organizzare entro l’anno una manifestazione degna del nostro illustre concittadino.


 

una testimonianza:

Aiuto, ci rubano gli ulivi!

Cara Puglia,
io sono un Veneto (provincia di Treviso), mi chiamo Cris.
Per DNA amo la bellezza in ogni sua manifestazione: Artistica ed Ambientale.
Detesto quando per piccoli motivi di lucro si annienta un opera d'arte, quando se ne riduce la sua carica culturale...
Ulivi predatiE un albero è un opera d'arte, è una scultura perfetta ed armoniosa e come una scultura, invecchiando assume valore aggiunto quale testimone del tempo.
Ma, riflettendo bene, non potrei immaginare il David di Michelangelo trasferito in un altro luogo... in Polinesia ad esempio... o i Bronzi di Riace in un giardino di qualche mediocre produttore di infissi trevisano.
No, ci rimetterebbero entrambi i luoghi, perderebbero in Bellezza.
Non so cosa ci facciano decine, centinaia di Ulivi a Castelfranco Veneto, grossi 1-2 metri mozzati e riposti in sacconi di nylon, non lo so...
mi fa schifo pensare che qualcuno ci guadagni sopra questo mercato di tal capolavori vegetali!
E per finire dove? In un qualche giardino di qualche riccone pien de schei ed ignorante?
Non ho le prove che siano tutti pugliesi quegli ulivi, che depredino la vostra terra, non ne sono certo.
E non cerco assolutamente di ledere nessuno in particolare.
Dico solo: attenti a quello che succede nelle vostre campagne, perchè ogni albero di tal risma che viene sradicato e portato al nord è l'equivalente per Venezia di una picconata sul pavimento della Cattedrale di San Marco: un danno per sempre, per tutti.

Cris Montagner


Ecco il parere di Gianni Picella, Coordinatore del Comitato per la Salvaguardia degli Olivi Secolari di Puglia:

"Bisogna intervenire con urgenza perseguendo tre azioni ben precise che vanno dall'ambito internazionale a quello locale:
  1) raccolta di forme per il riconoscimento e la tutela degli olivi pugliesi come patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO;
  2) censimento degli ulivi pugliesi con relativo archivio fotografico;
  3) legge regionale di tutela degli ulivi secolari
Attualmente, l'unica legge in vigore è quella del 1961, la n. 145 che rende possibile lo spiantamento tramite una semplice autorizzazione dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura.
Un esempio positivo viene dal Comune di Ostuni, il quale ha emesso un'ordinanza che prevede il divieto di trasportare le piante secolari al di fuori dei limiti comunali.
Vi è, infine, un progetto di legge regionale della quinta commissione a tutela di olivi e carrubi, il quale prevede che queste piante vengano sottoposte a vincolo se la loro densità superi il 50% della particella catastale sulla quale insistono."
(La Gazzetta del Mezzogiorno 13 giugno 2003)

 

tratto da : http://www.gruppopugliagrotte.org/ulivi/index.htm

 


 

 
 
   
 

 

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Ultimo aggiornamento:

 29 gennaio 2007