I giovani ricercatori:

Oreste Caroppo

                  15-12-06                         

  

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"Antiche pietre"

 
MONOGRAFIE
Antichi legami tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo.
Antichi sacrifici all’ombra dei menhir  
Influssi maltesi nei menhir del Salento.

Ricerca e analisi di petroglifi incisi sulle superfici di alcuni menhir salentini

Studi sui menhir a pilastro squadrato pugliesi e più in generale sul culto betilico

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Influssi maltesi nei menhir del Salento

 

 

                             L’anomala sezione del menhir Cutura

Il menhir Cutura, ubicato sulla provinciale Palmariggi-Giuggianello (vedi il mio intervento di  segnalazioni “Il Menhir Cutura”), è costituito da un blocco monolitico a sezione grossomodo quadrata. Viene meno un elemento molto diffuso tra i menhir salentini a pilastro squadrato, che è la sezione spiccatamente rettangolare. Le dimensioni della sezione del menhir Cutura, 59cm per 61cm, con un rapporto,

(lato min./lato max)=0,97(=59/61) vicino all’unità,, ci ricordano quelle di un menhir maltese, il menhir Il-Hagra tad-Dawwara sull’isola di Gozo (vedi tra i miei interventi: “Confronto tra menhir salentini e menhir maltesi” in “Antichi legami tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo”), di forma parallelepipeda, con sezione di 61cm per 64 cm, per un rapporto, (lato min./lato max)=di 0,95 (=61/64).

Altri menhir salentini squadrati aventi facce molto ampie, da 50 a 72 cm, non sono rari, ma non si osserva in nessuno di essi un rapporto tra le dimensioni dei lati della sezione tanto vicino all’unità, quanto per il menhir Cutura; si pensi ad esempio al menhir Malcantone di Uggiano la Chiesa, di forma grossomodo parallelepipeda a sezione rettangolare con lato maggiore di  lunghezza record 72cm, ma con il lato minore misurante circa 48 cm, per un rapporto solo di  0,67 (=48/72).

Figura 1: Menhir San Giovanni Malcantone in agro di Uggiano la Chiesa. Altezza 4m, sezione 70cm per 48cm. Si osservi l’alto basamento roccioso naturale o rozzamente rifinito, su cui si eleva il menhir. Foto tratta da www.stonepages.com .

 

 Il menhir Cutura, mostra come nel Salento tra i menhir a pilastro squadrato, accanto a quelli a sezione rettangolare, ne esistevano alcuni, come il Cutura appunto, a sezione quasi quadrata.

É questo un ulteriore elemento di similitudine tra menhir salentini e maltesi! Anche i menhir a pilastro squadrato dell’arcipelago maltese hanno infatti talvolta sezione rettangolare (come il menhir Is-Salib, sull’isola di Malta), talaltra sezione quadrata (come il Menhir Il-Hagra tad-Dawwara sull’isola di Gozo).

 

Analisi delle decorazioni a forellini sulle facce del Menhir Cutura

Descrizione dei decori a forellini sulle superfici del menhir Cutura.

Figura 2: faccia a SE del menhir Cutura. Si notano piccoli fori sulla superficie. Foto O. Caroppo.

 

Sulle facce a SE e a SW si osservano numerosi forellini; le superfici della pietra anche in corrispondenza di questi sono ben levigate e protette da una patina di antichi licheni.

La densità di forellini è più alta sulla faccia a SW. Qui in maniera più evidente, si osserva un fitto ricamo di buchetti casuali e adiacenti l’un l’altro. I forellini hanno diametri medi da 1,5cm a 3cm e profondità fino a 2cm.

 

Figura 3: faccia a SW del menhir Cutura. Si osservi il ricamo di buchetti della superficie. Appare in alto una croce greca incisa, e ancor più in alto a destra, un grosso foro sullo spigolo a S. Per ulteriori dati sul menhir, vedi la segnalazioni “Il Menhir Cutura”. Foto O. Caroppo.

 

Discussione sull’origine antropica delle bucherellature della pietra.

Se ipotizziamo che i numerosi forellini siano riconducibili ad un semplice processo erosivo naturale comportante carie della pietra, dobbiamo ammettere che questo si è compiuto in età antica, dato che oggi, tale erosione(?) appare ormai stabilizzata; quelle superfici son infatti ricoperte e protette da una patina di antichi licheni.

 Sulle altre due facce del menhir non si osservano queste carie. Essendo la natura della pietra la stessa, il menhir è un blocco monolitico, per spiegare tale azione differenziata degli agenti esogeni, si dovrebbero introdurre ipotesi meteorologiche sulla direzione e intensità dei venti, che alla luce dell’orografia del territorio, e del clima del Salento si rivelano subito poco plausibili!

Lungo i piani di taglio in sommità, in testa, lungo gli spigoli smussati e arrotondati, così come lungo la smussatura dello spigolo S tra le due facce cariate, non si riscontrano forellini né alcuna rete di questi, come invece sulle due più ampie superfici del blocco descritte.

Per questo motivo dovremmo ritenere le smussature successive. Ciò nonostante ci meraviglia il fatto che il medesimo processo erosivo(?) non abbia poi interessato anche le smussature e le altre superfici in testa essendo la natura delle pietra la medesima!

Per risolvere la questione analizziamo quei processi erosivi che caratterizzano la pietra di cui è composto il menhir Cutura, il calcare locale salentino detto volgarmente ‘pietra leccese’, e che conferisce alla pietra un aspetto cariato paragonabile a quello del menhir Cutura.

La ‘pietra leccese’ è un calcare argillo-magnesifero, cioè una roccia sedimentaria, composta principalmente da calcite (carbonato di calcio, CaCO3).

Si è formata in seguito alla cementificazione di micro-granuli rocciosi, sedimentati sul fondo di mari o lagune, durante l’era geologica nota come miocene ( il miocene si estende in un arco di tempo geologico compreso tra 26 a 5,2 milioni di anni fa).

La ‘pietra leccese’ è un materiale litico di facile lavorazione appena estratto dalla cava.

Esposta però all'aria e agli agenti esogeni per qualche anno, indurisce sensibilmente; su di essa si impiantano alcune specie di licheni, che la ricoprono con una crosta formata da calcare e materia organica, che dà alla roccia grande resistenza agli agenti atmosferici e alla carie.

Se la pietra leccese viene però sottoposta a grandi pressioni, si microfessura e si sfalda con facilità.

Si osserva questo sulle superfici dei blocchi di pietra leccese usati nei muri portanti e collocati nei piani bassi delle abitazioni dove il carico è maggiore.

La pressione causa delle micro-fessurazioni che favoriscono, l’azione disgregante operata da:

1)    microrganismi e agenti esogeni, quali:

a)       vento,

b)     dilatazioni e contrazioni causate dall'escursione termica diurna e stagionale,

c)      dilatazione dei film d'acqua che infiltrati nelle fessure della pietra sotto forma di umidità, congelano nei mesi invernali e

d)     carsismo, l’erosione provocata da acque meteoriche acide poiché contenenti acido carbonico, prodottosi a seguito dell'assorbimento nelle gocce d'acqua piovana di anidride carbonica (CO2), presente nell'atmosfera; l’acido carbonico (H2CO3), converte il carbonato di calcio (CaCO3), costituente principale della roccia calcarea e composto poco solubile in acqua, in bicarbonato Ca(HCO3)2 , che è invece molto solubile in acqua, con conseguente erosione della pietra.

L’effetto finale sono superfici cariate che si presentano rugose, friabili e ‘farinose’ al tatto. La pietra gradualmente si trasforma in sabbia sciolta e il processo procede inesorabilmente coinvolgendo strati della pietra sempre più interni, mentre lo spessore della pietra si assottiglia.

Le carie si sviluppano sui blocchi sottoposti alla medesima pressione in maniera differenziata, a seguito del diverso grado di cementazione naturale della pietra, della diversa composizione della stessa e della differente percentuale di fossili o altre 'impurità' presenti nella roccia. Per questo nei piani bassi degli edifici si osservano blocchi fortemente aggrediti accanto ad altri meno cariati o quasi totalmente integri (vedi foto).

Figura 4: esempio di muro in pietra leccese eroso da carie e posto al piano terra di un edificio. Si tratta nello specifico di un palazzo del settecento nel centro storico di Maglie,  in provincia di Lecce. Qui la pietra usata per le costruzioni è il calcare locale detto appunto ‘pietra leccese’. Si consideri che ogni blocco di pietra leccese è alto circa 30 cm. Foto O. Caroppo.

 

Si osservi come le carie prodotte da questo tipo di erosione, l'unica della pietra leccese che potremmo chiamare in causa per spiegare l’aspetto delle superfici del menhir Cutura, sono in realtà ben differenti  dalle forature ricamate sul monolite.

La rete dei fori è nella tipologia di ‘carie da pressione’, molto irregolare, come si può osservare nel caso in figura. Si evidenziano, sui blocchi meno aggrediti, forellini di varie dimensioni e forme, distanziati tra loro; la superficie è percorsa da  venature di erosione. Sui blocchi fortemente aggrediti, più che semplici fori, appaiono numerosi ‘avallamenti’ anche molto ampi e sempre di forme e dimensioni molto variabili e irregolari.

Di contro il ricamo di fori sul menhir evidenzia decisamente una maggiore regolarità.

Nell’erosione da pressione poi tutte le superfici del blocco esposte all’esterno son interessate da carie, che coinvolgono pertanto anche eventuali spigoli, mentre le erosioni sulla faccia a SW del menhir si presentano quasi come incorniciate; si sviluppano solo in un riquadro interno alla faccia con bordi alla base e in sommità (dove è incisa la croce greca), praticamente intatti.  Sui lati della zona ricamata a forellini son assenti i fori sia sulle superfici grossolanamente smussate, sia su residue porzioni laterali non intaccate dalla smussatura.

Le creste tra i forellini nelle aree rugose interessate dal ricamo di fori del monolite, sono alla stessa altezza delle superfici non bucherellate, presenti sulle medesime facce.

 Queste osservazioni insieme all’aspetto non friabile ma compatto delle superfici bucherellate del menhir, portano inevitabilmente alle seguenti conclusioni.

 

Conclusioni dell’analisi sull’origine della rete di forellini e sul significato della croce greca, presenti sul monolite:

quella che oggi può apparire come mera opera erosiva, è invece ciò che rimane di un’antica e originaria decorazione megalitica delle superfici, fatta di numerosissimi, adiacenti e casuali fori realizzati con un trapano arcaico o con uno strumento a battente conico o martellando su un punteruolo.

Le forature appaiono prive di asperità, levigate da secoli di esposizione agli agenti esogeni.

Forse anche le altre superfici avevano simili decorazioni, ma certamente meno pronunciate della faccia a SW tanto da essere asportate nei secoli, dall’opera erosiva degli agenti esterni .

Possiamo ipotizzare questo con maggiore probabilità per il lato a SE, dove nonostante la levigatura delle superfici operata dalle intemperie, compaiono tracce di numerosissimi forellini, soprattutto nella porzione media e inferiore. Quello che però possiamo sostenere con più certezza, è che, come ancor oggi è possibile notare, la decorazione a forellini riguardava la faccia SW. Questa era forse già in origine la faccia più significativa del bethilos, come il suo decoro rivelerebbe. Proprio a causa di questo poi, fu su di essa e non sulle altre facce, che venne inciso un segno cruciforme, probabilmente in epoca cristiana per cristianizzare quel monumento e i suoi pagani ornamenti.

Già sui menhir pugliesi, anche non decorati, appaiono segni cruciformi, come anche su menhir maltesi e francesi, attendibilmente croci di cristianizzazione; e croci si ritrovano incise col medesimo intento cristianizzante, anche su pareti rocciose e rocce in aree di arcaica valenza religiosa, antichi luoghi di culto o sepoltura, soprattutto in corrispondenza di graffiti di origine ‘pagana’; si osserva questo diffusamente in Puglia come in altre località italiane, ad esempio su rocce dell’Arco Alpino interessate da manifestazioni di arte rupestre.

Nel menhir Cutura, la croce sintetizza i due intenti, quello di cristianizzare il menhir in quanto  monumento pagano e quello di cristianizzarne i decori, che nell’arte antica sottendevano profondi intenti magico-religiosi.

 

Confronto con decori tipici dei megaliti maltesi della ‘civiltà dei templi’

Figura 5: Accesso ad una camera interna, ‘sancta sanctorum’, nel tempio di Mnajdra a Malta. la costruzione del tempio risale al 3600-3300 a.C.  Si notino le particolari decorazioni a trapanature delle superfici della grandi pietre. Foto tratta da.. www.myrine.at .

 

 

Il tipo di decorazione del menhir Cutura, unico esempio per ora documentato su un menhir pugliese a pilastro squadrato, non trova al momento alcuna significativa comparazione con le altre rare forme di arte megalitica pugliese.

Un primo confronto è stato fatto con le decorazioni, che si rinvengono sulle stele antropomorfe e sui cippi pugliesi, italiani ed europei di epoca neolitica, calcolitica e dell’età del bronzo e del ferro. Questi talvolta presentano ampie superfici decorate con motivi semplici e ricorsivi, ma si tratta quasi sempre di rombi o triangoli, o altri elementi geometrici ripetuti con estrema regolarità, mai di fori adiacenti con posizioni caotiche, come sul menhir Cutura.

Prendendo in considerazione le diverse espressioni artistiche note dell’arte megalitica europea e mediterranea, l’unico e interessantissimo confronto che possiamo fare è con l’arte decorativa dei templi megalitici maltesi, risalenti all'epoca neolitica e calcolitica, ed espressione della cultura autoctona dell’arcipelago indicata come ‘civiltà dei templi’ ( 3600-2200 a.C.). 

Nel tempio di pietra di Mnajdra ad esempio o nel poco distante tempio di Hagar Qim sull’isola di Malta, molte delle superfici dei blocchi e delle lastre megalitiche presentano una decorazione di piccole adiacenti trapanature, che conferisce loro un aspetto paragonabile a quello riscontrato sul megalite oggetto di questo studio.

E proprio con l’arcipelago maltese, la cultura megalitica salentina presenta fortissimi legami.

Significativi elementi suggeriscono l’esistenza di antiche relazioni tra l’arcipelago maltese e il Salento, successive al 2400 a. C. ed evidenziate soprattutto dalle somiglianze strutturali e costruttive tra  alcuni dolmen salentini e quelli delle isole maltesi e tra i menhir delle due aree.

Figura 6: altare decorato con numerosi fori ciechi, con scolpito l’ albero della vita. Tempio di Hagar Qim, la cui costruzione risale al 3600-3300 a.C.,  (Malta). Foto tratta da www.wurzelwerk.at .

Figura 7: Menhir Cutura. Particolare del lato Sud-Ovest, porzione bassa. Si noti la somiglianza del decoro a fori sui due manufatti mostrati nelle foto. Foto di O. Caroppo.

 

L’archeologia ha dimostrato che prima del definitivo e improvviso tramonto, datato intorno al 2400-2100 a. C., la civiltà maltese dei templi visse una fase di lento declino, forse a causa di un aumento del clima secco, che comportò minore fertilità dei suoli, scarsità di cibo ed acqua potabile ed aumento delle malattie.

Segni evidenti di incendi e distruzioni nei templi, permettono di ipotizzare però che il colpo di grazia fu inflitto a quella millenaria cultura, da una grande invasione di genti provenienti con tutta probabilità dalla penisola salentina.

Oltre agli evidenti cambiamenti culturali, anche l’analisi approfondita degli scheletri dissotterrati negli scavi archeologici, ha permesso di rivelare la presenza nell’arcipelago in età del bronzo, di genti in discontinuità etnica con i maltesi costruttori dei templi di pietra.  Si è potuto evincere questo in particolare dalle differenti proporzioni craniche. Mentre i maltesi di epoca calcolitica erano brachicefali, i costruttori dei dolmen maltesi di tipologia salentina erano invece dolicocefali.

 

 Nota:

  • Brachicefalia: conformazione del cranio con prevalenza del diametro trasversale su quello longitudinale.

  • Dolicocefalia: conformazione del cranio con prevalenza del diametro longitudinale su quello trasversale.

 

Sebbene non sappiamo con certezza assoluta se i salentini si insediarono in un arcipelago ormai quasi del tutto desolato dopo l’improvviso e misterioso tramonto della civiltà calcolitica maltese o se furono proprio questi a far strage della popolazione autoctona, dobbiamo comunque ritenere che tra i nuovi arrivati e le sparute genti superstiti, si realizzò nel tempo una profonda integrazione e fusione, con sviluppo di una comunità che potremmo definire salentino-maltese, e che dominò l’arcipelago almeno fino al 1500 a. C.

La cultura che si sviluppo nell’arcipelago sulle ceneri della civiltà precedente e con il nuovo apporto etnico e culturale salentino, è definita  ‘Tarxien Cemetery Culture’ (circa 2400-1500 a. C.).

L’ipotesi di un’occupazione salentina delle isole maltesi successiva alla scomparsa della civiltà neolitica ed eneolitica dei grandi templi, fu avanzata per la prima volta sulla base delle analogie dolmeniche, dall’archeologo Evans J.D. nel 1956 (Evans J.D.  ‘The Dolmens of Malta and Origins of the Tarxien Cemetery Culture’, "Proceed. Prehist. Soc.", vol.XXII :85-110, 1956).

Gli antichi templi di pietra o ipogei furono abbandonati, ma la loro sacralità rimase alta agli occhi dei nuovi occupanti, tanto che nei luoghi di culto templari, le nuove genti eressero talvolta i loro dolmen, di tipologia salentina; come avvenne ad esempio sulle rovine del tempio di Ta_Qadi sull’isola di Malta. (Vedi tra i miei interventi: “Antichi legami tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo”).

È pertanto probabile che la meravigliata osservazione dei decori delle grandi pietre del tempio di Mnajdra e di Hagar Qim, con superfici bucherellate con miriadi di fori vicini, realizzati con un arcaico trapano, abbia ispirato la decorazione a piccoli forellini, che osserviamo sul menhir Cutura.

La fusione con le genti autoctone favorì ulteriormente la predisposizione dei salentini dell’età del bronzo a recepire elementi propri dell’antica cultura maltese.

 

Figura 8: ingresso al ‘sancta sanctorum’ del tempio di Mnajdra. Si osservino le superfici decorate da fori disposti casualmente o secondo linee ondulate affiancate tra loro a riempire tutto lo spazio della superficie litica. Foto tratta da www.wurzelwerk.at .

Figura 9: Menhir Cutura. Particolare lato Sud-Ovest, porzione intermedia. Si noti la somiglianza del decoro a fori con quello presente nel tempio maltese. Foto di O. Caroppo.

 

 

Conclusioni:

 Influssi maltesi sui menhir salentini

Influssi della cultura maltese si osservano nel menhir Cutura, non solo nei decori, ma anche nella forma e nelle dimensioni, che ci hanno portato a stabilire un più stretto legame di questo megalite con il menhir maltese di Il-Hagra tad-Dawwara, sull’isola di Gozo, anziché con i più classici menhir del Salento.

Il contatto con la civiltà maltese comportò per la cultura megalitica salentina, non solo l’introduzione di forme particolari di decorazione, ma influenzò anche e soprattutto come spiegherò meglio in un ulteriore intervento, l’evoluzione stessa del menhir pugliese verso la sua caratteristica e peculiare forma geometrica a pilastro squadrato, a partire da forme arcaiche più grezze e poco rifinite.

I reciproci influssi che in età del bronzo si ebbero tra le popolazioni che vivevano nell’arcipelago e quelle pugliesi, dopo l’insediamento in Malta di genti salentine, rivela come gli immigrati provenienti dal Salento, mantennero continui contatti con la terra d’origine; solo relazioni forti e prolungate di natura economica e culturale, possono infatti spiegare le influenze maltesi sul megalitismo salentino e pugliese, che stiamo sottolineando.

 Importanza del Menhir Cutura

Tutte le precedenti riflessioni ispirate dalla scoperta e dallo studio del menhir Cutura, e numerose altre che presto riporterò sulla particolare altezza della pietra e sulla struttura di bacinelle e canalette, che si osserva in testa al menhir, ci convincono della grande importanza di questo monolite, per svelare i misteri che ancora circondano il culto betilico salentino di età protostorica.

La vicinanza di una piccola specchia accanto al menhir, ci ha indotto poi a sospettare che si tratti dei resti di un tumulo sepolcrale, cui il menhir era associato. Lo scavo archeologico del sito potrebbe così aiutarci a far luce su uno dei molteplici aspetti della complessa religione dei menhir, quello del legame con la ritualità legata alla morte e al rapporto con i defunti.

L’importanza di proteggere il sito e procedere ad uno scavo archeologico, è pertanto di primaria necessità.

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento

15 dicembre 2006  

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