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Evenienze industriali ipogee (i trappiti) a Casarano

Terminologie usate nei trappiti    

 

introduzione

tipologie di classificazione
  orizzontali

verticali

le macchine
i torchi
la vasca
elenco frantoi ipogei
terminologia
bibliografia minima
 
 

Le terminologie nel trappito

 

ANCILU (angelo): pozzetto in pietra interrato ed internamente di forma cilindrica, nella quale si convogliava l’olio di spremitura dei torchi dal delfino o chianca. Nel suo fondo vi era un foro di comunicazione con altra vasca detta “nfiernu”, mentre sui suoi bordi vi era un foro da dove veniva immessa dell’acqua calda che, sul principio del diverso peso specifico, faceva salire l’olio lasciando pulito il pozzetto;

ARGULU: (albero) perno su cui ruotava la ruota della vasca;

ARMARE: impilare i fiscoli nel torchio;

BARDASCIOLA: leva in legno con la quale il “nachiru” cercava di raddrizzare la colonna dei fiscoli, usandola a mo’ di leva.

BBANCA: tavola o madia usata d’appoggio per il riempimento dei fiscoli;

CANALI: scanalature verticali nei sostegni in muratura dei conci di tufo del torchio alla genovese, nei quali scorrevano le sporgenze (piticini) del tavolaccio (palomma o cappeddhru) posto sulla pila dei fiscoli.

CANNILA:(candela): usata a volte per l’illuminazione dei trappiti in alternativa alla lucerna;

CAPASA: vaso in terracotta destinato a conservare piccole provviste o recipiente di latta usato per il trasporto dell’olio dal frantoio al deposito del proprietario delle olive.

CAPPEDDHRU (cappello): tavolaccio circolare posto alla base della madrevite nel torchio alla genovese e sulla colonna dei fiscoli e serviva a imprimere una pressione omogenea sui fiscoli stessi durante la spremitura;

CAPUJENTU: fenditura, quasi sempre naturale, al fondo dei pozzi scavati nei terreni calcarei che immetteva quasi sempre in falda. Nei trappiti veniva usato per disperdervi gli ultimi residui feticciosi di lavorazione, o per i bisogni corporali dei lavoranti.

CHIANCA (pietra): (vedi derfinu)

CHIANCULA (pancone): panchetta di legno posta sopra i fiscoli ed utilizzata, nel torchio alla calabrese al loro schiacciamento sotto la pressione delle viti.

CIUCCIU (asino): l’animale che legato alla “stanga” faceva girare la ruota di macinazione sulla vasca o l’argano verticale che, girato a mano dai trappitari, avvolge su se stesso una grossa fune (‘nsartu) collegata tramite un palo alla madrevite del torchio di seconda spremitura.

 

CRISCIRE L'OJU (crescere l’olio): raccogliere l’olio dal pozzetto dell’angelo.

CRISCITURU o CRISCULA: tronco di cono fatto in lamiera ed utilizzata per raccogliere l’olio galleggiante sulla morchia nel pozzetto dell’angelo;

CCHIALI: paraocchi da applicare all’animale utilizzato per la trazione della ruota di macinazione. A volte in mancanza dei paraocchi, si usava bendare l’animale con uno straccio per evitargli giramenti di testa.

CONZU: torchio grande (in alcune zone chiamato mamma e corrispondente al torchio alla genovese} nel quale venivano impilali i fiscoli (15—2O) per la seconda e definitiva spremitura;

CUDDHRARU (collare): collare in ferro inchiodato al travone sulla vasca. In esso entra quale perno, l’estremità superiore dell’albero;

CULATURA: il gocciolare dell’olio durante la spremitura; CULONNA (colonna): sostegno o pilastro in conci di carparo nel torchio alla genovese;

DlSARMARE: smontare la pila di fiscoli dopo la spremitura; DERFINU (delfino) - CHIANCA: blocco perante di pietra dura posto alla base del torchio ed affondato nel terreno, che, nella parte superiore, (base del torchio). era solcato (da un canale circolare interrotto da in piccolo varco nella parte anteriore per far defluire l’olio nel pozzetto dell’angelo.

FISCULI (fiscoli): gabbie circolari di giunco che, pieni di pasta di olive venivano impilati nel torchio per essere spremuti:

FUSU: vite del torchio;

JENTU (vento): i corda o il ferro che, nel congegno della vasca del frantoio, scende a tenere in equilibrio e ad altezza giusta la stanga per l’animale;

LLAMPATU: aggettivo dell'olio dal gusto forte, sebbene trasparente e di colore ambrato;

MACINA: quantità di ulive da macinare (circa 4.5—5 quintali) ed equivale a tre vascate fino alla metà dell’ ottocento, in seguito ogni macina sarà costituita da due vascate e si riuscirà a lavorare tre macine al giorno invece di due:

MAMMA: fiscolo più grande utilizzato per il torchio di prima  spremitura;

MAMMAREDDHRA (piccola mamma): torchio piccolo (in alcune zone chiamato fiju (figlio) e corrispondente al torchio alla calabrese;

 

MISUREDDHRU (misurino): piccolo recipiente di latta, fornito di ansa o di beccuccio usato per travasare l’olio da in recipiente ad un altro:

MURGA (morchia): liquame residuo che rimane nel pozzetto dell’angelo dopo che il nachiro ne ha raccolto l‘olio ed anche la posa di decantazione dell’olio quando è lasciato a riposare;

NACHIRU (nocchiero): capo dei frantoiani,

NAPPU: piatto di latta (una volta in legno) convesso utilizzato dal nachiro per raccogliere l'olio galleggiante sulla morchia all'interno dell’angelo. L'operazione è chiamata "nappisciare";

NOZZULU; nocciolo;

NFERRARE: stringere la vite di pressione dei torchi;

NFIERNU (inferno): Vasca - contenitore in cui convogliava la morchia dal fondo dell'ancilu sul principio dei vasi comunicanti;

NZARTU (corda): utilizzato nell’argano verticale di spremitura del torchio (vedi ‘‘ciucciu’’):

‘NZIDDHRU (goccia): goccia d'olio. E' anche sinonimo di pochissimo

OJU: olio di oliva:

PALA: pala a lungo manico utilizzata dal ’’turlicchio‘‘ per rimettere costantemente la pasta d’olive sulla "petra te funnu" per essere schiacciata dalla ruota di macinazione;

PALANCHINU (varra): bastone in legno o ferro;

PALUNE: grande pala a manico corto che serviva a raccogliere la pasta d’olive dalla vasca e posarla sulla ‘‘bbanca’’ e da questa alla vasca per la rimacinatura;

PALUMMEDDHRA (colombina): pancone di legno, nel torchio alla genovese) spesso e robusto attraversato da un largo foro scavato internamente ad elica, nel quale scorreva la vite mobile.

PANZA (pancia): gobba della colonna dei fìscoli che si formava durante la spremitura a causa della pressione. Veniva eliminata dal fachiro facendo leva con un palo denominato bardasciola;

PETRA TE FUNNU (pietra di fondo): la pietra di macinazione orizzontale fissa, nella vasca di miacinazione;

PETRA TE TRAPPITU: pietra cilindrica che usata verticalmente su una pista circolare ricavata nella vasca di frantumazione, serviva allo schiacciamento delle olive;

PIGNATEDDHRU: misura di olio corrispondente i circa mezzo chilo;

PILA : contenitore in pietra per il deposito dell’olio

 

PITICININU (pedicello): ciascuna delle due sporgenze del tavolaccio posto sulla pila dei fiscoli durante la spremitura;

PRESSA TE FORZA: torchio alla calabrese;

QUARTARA e QUARTAREDDHRA: Recipienti di piccola o media capacità in lamiera a due manici e bocca larga;

RASULA: Asticciola che veniva passata sui recipienti pieni di olive per livellare e stabilire l'esatta misura (a rasu) senza abbondare (a urmu);

RTPOSTU: deposito temporaneo per le olive da macinare costituito da un antro in corrispondenza della sciava. Per clienti particolari i "riposti" sono allineati e distinti con pavimento inclinato e casuali di scolo per assicurare l’eliminazione dei liquami e loro convogliamento nel pozzo della sentina. Costruiti in ambienti distinti, questi particolari depositi sono apparsi verso la fine del '700 e col tempo hanno sostituito completamente i depositi rozzi usati sino ad allora;

SCANSIA: ripostiglio, a forma di nicchia, ricavata nella roccia:

SANSA: massa dei noccioli frantumati residuo della seconda spremitura che rimane nei fìscoli;

SARMA: misura di olio corrispondente a circa 180 kg.;

SCIAVA: camino scavato nella pietra dal quale venivano versaste le olive da conferire al trappito, (ucca te sciava: bocca del camino posta a livello stradale):

SCIUANNA recipiente di latta della capacità di circa 20 litri usato il trasporto dell'olio;

SFERRARE: liberare torchi dai fiscoli;

SCIURMA (ciurma): squadra dei frantoiani composta, di solito, da tre trappitari, u turlicchiu, ed il nachiro che ne era il capo;

SINTINA: ultimo residuo feticcioso dell’olio:

SINTINARU: pozzo sotterraneo cori fenditure naturali (capujentu) utilizzato per disperdervi gli ultimi residui fetidi della produzione del trappito o vasca per la decantazione;

SPANARE: svitare;

STANGA: braccio in legno collegato alla pietra ruotante di macinazione della vasca a cui era legato l’animale da tiro;

STARU (Staio): misura per olio corrispondente a circa 18 Kg.;

STUPPEDDHRU: recipiente a misura di capacità per liquidi, originariamente in legno, in seguito in ferro, utilizzato per misurare e corrispondente ad un ottavo di tomolo (7 litri).

E' anche una misura di superficie corrispondete sempre ad un ottavo di tomolo, e ad una superficie di circa 1.100 mq.;

TRAPPITU: frantoio ipogeo (parola di derivazione dal termine latino trepetum);

IRAPPITARI: lavoranti del trappito;

TUMULU (tomolo): misura di capacità equivalente a circa 56 litri ed anche una misura di superfici corrispondente ad 88,12 are (8,812 mq.);

TURLICCHIU: ragazzo del trappito; (di solito il fratello minore di uno dei trappitari o il frantoiano meno capace;

UCERNA (lucerna): lampada ad olio usata nel trappito per l’illuminazione dello stesso:

ULIE: olive

VANCUTEDDHRU: scanno in legno:

VASCA: vasca in pietra per frangere le ulive. In detta vasca, circolare, girava verticalmente una gran ruota in pietra (petra te trappitu);

VASCATA: quantità di olive che si macinano ogni volta e corrispondente a circa quattro tomoli (1,5 - 2 quintali). Con la pasta di olive di un vascata si riempivano i fiscoli destinati ai torchi;

ZINGU o ZINNU: recipiente in lamiera di forma cilindrica con una capacità da 50 Kg. a 5 quintali, a seconda della grandezza, ed adatto per conservare l'olio.

 
 

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Ultimo aggiornamento: 11 maggio 2006