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i giovani ricercatori:

Oreste Caroppo

Discussione ed analisi sul megalitismo

a cura di Paolo Malagrinò

 
 

I palmenti.

 

Si iniziò a capire, così, che la pietra si poteva modellare, quale fosse creta, per renderla duttile ed utile. Un ulteriore prova ne sono i palmenti. Infatti, i monaci bizantini, insediatisi in queste terre a seguito delle persecuzioni iconoclaste, insegnarono alla gente del luogo come scavare la roccia per utilizzarla nella creazione di primordiali industrie di trasformazione dei prodotti agricoli.

Cos'è un palmento?

Sono delle piccole costruzioni in tufi, spesso con volta a botte di dimensioni variabili, ma sempre modeste. Sono formati da un vano solo che comprendeva tre reparti di lavorazione, tutti in un unico spazio. In fondo al locale, sulla parete, si apre una finestra ampia, dalla quale veniva scaricata all'interno, dalle ce­ste o dalle tine, l'uva vendemmiata. L'uva cadendo in una vasca, con i lati alti circa sessanta centimetri, ricavata sul pavimento, veniva qui pigiata con i piedi, poco alla volta, così come veniva scaricata, per cui questo reparto rappresentava, oltre allo «scaricatoio», anche il pigiatoio: «veni mudataque musto / tinge novo mecum direptis crura» (1).

Questa vasca di pigiatura era affiancata da altra vasca interrata nel pavimento e, quindi, sottoposta alla prima, di circa un metro. Fra le due vi era una portella, che le metteva in comunicazione, e dalla quale passava il succo d'uva, che man mano veniva pigiata, raccogliendosi nella seconda vasca (lu palacciu) e dove, in fine, dalla portella veniva spinta anche tutta l'uva già pigiata, perché unita al succo della stessa, formando un'unica massa, fermentasse. Questo secondo reparto si diceva di fermentazione.

In adiacenza immediata alla vasca di fermentazione vi è un pozzetto, che è più profondo di questa e comunicante con la stessa mediante un foro circolare con un diametro di circa 15 centimetri.

Questa comunicazione, prima della pigiatura e della fermentazione, veniva chiusa mediante un grosso turacciolo di legno, avvolto in pezza di sacco e attraversato da una fune, che con un grosso nodo lo teneva fermo a se stessa

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(1) - virgilio, le Georgiche libr. II V. 7-8: «vieni con me, tingi l'ignude gambe col novello mosto».

testo tratto da Luigi Ponzi: "Monumenti della civiltà contadina del Capo di Leuca",1981, Congedo ed.

  

L'ultimo palmento rinvenuto

  

Dal quotidiano di Lecce di sabato 5 aprile 2003

Il ritrovamento nel rione Casaranello; 

risale all'anno Mille

Tra le erbacce un antico palmento

 

Risale quasi sicuramente all'anno Mille il palmento recentemente scoperto tra le vie Tevere e Senna nel rione Casaranello e che ha attirato l'attenzione di studiosi e la curiosità di molti cittadini.

«La scoperta di quest'arca in pietra utilizzata nei secoli per il deposito e la pestatura dell'uva altro non è che un'ulteriore conferma del fatto che l'antico abitato di Casaranello aveva un'ampia estensione, nella quale la chiesetta di Santa Maria della Croce rappresentava una propaggine», afferma l'architetto Giuseppe De Nuzzo, autore del ritrovamento.

Il palmento, nascosto tra le erbacce a pochi metri dalla strada, si presenta come  un'arca scavata nella roccia e collegata tramite un foro ad una fossa, profonda circa un metro e mezzo, dove veniva a raccogliersi il liquido prodotto dalla pestatura dell'uva.

Il ritrovamento è avvenuto in un'area aperta ma di proprietà privata, ultimo residuo di campagna in una zona di recente edificazione. «Lo stesso sindaco Remigio Venuti, recatosi sul luogo, della scoperta, ha espresso la volontà di intervenire per recuperare il bene archeologico», continua l'architetto De Nuzzo, anche se, al momento, la principale diffi­coltà di un eventuale intervento è data dal fat­to che il palmento ricade in una proprietà pri­vata.

Tra l'altro, proprio in questi giorni una gru meccanica è stata collocata nei pressi dell'area facendo presagire un prossimo interven­to da parte degli stessi proprietari.

L'importanza della scoperta è confermata dal fatto che pochissime altre strutture del genere sono presentì all'interno della città men­tre più facile risulta la loro presenza in aperta campagna.        

    Mauro Stefano

 

foto del Palmento Bizantino da Pietramarina (Sicilia) 

tratta dal sito: www.artepreistorica.it 

Dal quotidiano di Lecce di sabato 12 aprile 2003

«Ecco come abbiamo scoperto nel '96 quell'antico palmento»

«L'antico palmento del rione Casaranello? Lo abbiamo scoperto noi!» Per far rispettare la primogenitura nel ritrovamento del secolare palmento sito tra le vie Tevere e Senna, a poche decine di metri dalla chiesetta di Santa Maria della Croce, intervengono oggi tre intraprendenti ragazzi che nel 1996. appena adolescenti quindi, incuriositi da "un piccolo angolo incavato nella roccia", come loro stessi raccontano, iniziarono a scavare nel terreno per far ritornare alla luce "queste due strane vasche ricavate nella roccia e collegate fra di loro da un foro".

«Dopo varie ricerche, venimmo a sapere che si trattava di un palmento usato anticamente», affermano Antonio D'Aquino, I8enne studente del liceo artistico di Lecce, Sergio D'Aquino, 19 anni, operaio, e Salvatore Casciaro, 19 anni, stu­dente dell'Istituto professionale.

La conferma del fatto che la storia raccontata risalga effettivamente a sette anni fa è data da alcune foto che mostrano come "lo spazio posteriore al ritrovamento in quell'anno era vuoto, mentre ora sono costruite tra grandi abitazioni".

Il palmento, così come oggi appare, venne fuori dopo ben due settimane di fatica. «Interveniamo - continuano i ragazzi - anche per sollecitare la buona conservazione dì un ritrovamento così importante per la storia della nostra cittadina, considerando come il palmento non versi per niente in buone condizioni perché riempito da rifiuti e gravemente scheggiato da nu­merosi mezzi di costruzione costantemente in opera per l'erigersi di nuovi edifici».

Il ritrovamento fu arricchito, inoltre, anche da una piccola medaglietta in rame su cui sono incisi caratteri greci e la raffigurazione di una madonnina. L'antico palmento, risalente quasi sicuramente all'anno Mille, era stato recentemente riproposto all'attenzione generale dell'architetto Giuseppe De Nuzzo (come riportato da Quotidiano lo scorso 5 aprile).

MAURO STEFANO

Ad Antonio e Sergio D'Aquino e a Salvatore Casciaro

Non volevo assumermi certamente, meriti che non sono miei, d'altra parte, sapevo che se quelle "buche" erano lì, pulite dalle macerie, qualcuno sicuramente ci aveva messo la propria opera e mani. 

Ed è un reperto che non avevo individuato in questi giorni, ma da almeno un due o tre anni. 

Se sono intervenuto, l'ho fatto principalmente a fini di tutela, in quanto, la presenza minacciosa di una gru, non fa certamente sperare un futuro florido per il palmento. In secondo luogo, se uno trova qualcosa e lo tiene per se, a cosa serve averlo trovato?

Non è assolutamente un rimprovero che faccio ai ragazzi, anzi, un incitamento a continuare, magari, modificando i sistemi di intervento e rendendo pubblici i loro rinvenimenti.

Di ragazzi del genere, ne avremmo veramente bisogno, e sono convinto che ve ne sono altri, che hanno rinvenuto qualcosa e lo tengono per se.

Quindi, visto che vi siete fatti vivi, la paternità sul rinvenimento spetta a voi, e lo dico con una punta d'orgoglio nel sapere della vostra passione. Orgoglio che tenderà ad aumentare quando saprò che i tre ragazzi, sono diventati dieci e poi venti e poi tanti altri! 

In effetti, questi ragazzi, non hanno tutti i torti. Ragioniamo un attimo. Un ragazzo "X" trova qualcosa. A chi lo va a dire? e con quale sicurezza che la persona a cui riferisce la sua scoperta sia una persona "fidata"?

A questo punto nasce la necessità di un luogo, un centro, dove poter raccogliere dette pulsioni rinvenenti dal territorio, e, qui, mi devo rivolgere all'amministrazione locale per la creazione di una tale struttura.

I ragazzi, un po' stimolati dall'ipotetica "fregatura" che, pensavano giustamente, si stava profilando nei loro confronti, hanno avuto lo stimolo di venir fuori, ma ve ne sono tanti altri (che conosco), che hanno trovato qualcosa e se ne stanno zitti, decidendo, magari, di donare il loro rinvenimento ad una qualche struttura museale o similare, quando questa verrà istituita.

Quindi, cari ragazzi, continuate a cercare segni del nostro passato e delle nostre radici, e se ritenete opportuno, sarò a vostra disposizione per ogni chiarimento ed aiuto. 

Pino De Nuzzo

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Ultimo aggiornamento

22 febbraio 2006  

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